Biografie svelate – Carlo Pepoli

Non è necessario conoscere la storia di Bologna perché il nome Pepoli risuoni familiare: abbiamo un Palazzo Pepoli, di impianto trecentesco, un Palazzo Pepoli Campogrande, di impianto seicentesco, una via de’ Pepoli e la toponomastica bolognese ricorda anche proprio il Carlo Pepoli la cui tomba è qui alle mie spalle.

Non andremo qui a ripescare il ruolo della famiglia Pepoli nella storia di Bologna né ci perderemo tra i vari rami (uno dei quali, i marchesi imparentatesi con Napoleone Buonaparte, sono rappresentati qui accanto). Basti dire che uno dei rami di questa grande famiglia bolognese portò nel 1796 alla nascita del qui presente Carlo.

Dunque Carlo nasce in una importante famiglia bolognese, e nasce appena un mese dopo l’ingresso a Bologna del generale Buonaparte, al comando dell’armata francese d’Italia, per morire ben 85 anni dopo, nel 1881, a 20 dalla nascita del Regno d’Italia, di cui fu senatore fin dal 1862 e a 21 dall’annessione al Regno sabaudo di Bologna, di cui fu secondo sindaco eletto (dal 1862 al 1866).

Sulla sua amministrazione comunale ci sarebbe sicuramente da dire, se non da ridire; ci limitiamo a sottolineare che fu quello un periodo sicuramente non facile, anche e forse soprattutto per via dei problemi, finanziari e non, legati ai grandi interventi urbanistici di quegli anni. (Si vedano di Enrico Bottrigari Cronaca di Bologna e di Elena Gottarelli Urbanistica e architettura a Bologna agli esordi dell’unità d’Italia)

Come senatore, a giudicare dai Rendiconti del Parlamento Italiano – Discussioni del Senato del Regno, non sembra si sia mai impegnato più di tanto. L’ultima registrazione che lo riguarda è del 1878 e vi si legge “Omaggio di un volume di sue poesie”.

Ecco, non so se il gesto vi diverte e un po’ stupisce, come ha divertito e stupito me. Ma certamente, anche se nulla sapete del buon Carlo Pepoli, non vi stupirà che abbia prodotto delle poesie (non saremmo riuniti qui davanti alla sua tomba, altrimenti). Come, visto il periodo in cui visse, non vi stupirà che sia stato un patriota e che abbia avuto un ruolo, direi anche importante e forse un po’ misconosciuto, nel Risorgimento, bolognese e nazionale.

Le due figure, di patriota e di letterato, sono di fatto inscindibili e molta della sua produzione poetica e letteraria non avrebbe probabilmente visto la luce se Carlo non fosse stato uno dei tanti esuli all’estero che, con mezzi limitati, cercavano di sostentarsi grazie alla propria penna. Fortemente coinvolto nei moti del 1831, Carlo deve lasciare gli Stati Pontifici nel 1832. Vi ritornerà brevemente a seguito dell’amnistia che segue l’elezione di Pio IX e poi definitivamente dal 1860.

Nel Libro dei compromessi della rivoluzione del 1831-32 si legge:

<<PEPOLI Conte Carlo, d’anni 40, di Bologna, possidente. Fu dei principali compromessi nell’accaduta rivoluzione, spese assai in favore del liberalismo. Fu dai ribelli nominato Prefetto di Pesaro […] ; fu di quelli che firmarono l’atto di detronizzazione per cui non gli si permette il ritorno nello Stato.>>

La sua condizione di possidente, però, come evidente dalle corrispondenze di alcuni suoi amici, non era tale da garantirgli fondi a sufficienza. E dunque nel 1834 lo troviamo a Parigi che si cimenta nella scrittura del libretto della nuova opera che Bellini sta componendo. La collaborazione con Bellini non fu semplice e, come testimoniano alcune lettere di Bellini, i due si scontarono più volte. “I puritani e i cavalieri” va in scena a Parigi nel gennaio del 1835 ed è un successo, nonostante alcune critiche proprio al libretto del Pepoli. Nello stesso anno Pepoli si trasferisce a Londra, dove, sull’onda del successo de I Puritani, scriverà altri due libretti d’opera (“Giovanna Gray” (1836) con musiche di Nicola Vaccai e “Malek-Adel” (1837) con musiche di Michele Costa). Ma la sua carriera di librettista fu limitata e probabilmente non gli fu mai congeniale. Nel 1845, in occasione di un evento a Londra, che Carlo definisce “carnevalata”, scriverà una serie di poesie scherzose sui mestieri, tra cui una intitolata Il Maestro di Musica. Si tratta di un componimento in tre parti; la terza è una sorta di parodia dell’arte di scrivere libretti d’opera.

Marina Zaffagnini, Ad Alta Voce 2022

Il Maestro di Musica

3a PARTE – L Opera musicale

In questo secolo del gran Progresso,
Se vuoi far l’Opera di gran successo
Fa in sette parti strano Libretto
Ch’abbia terribile, strano soggetto:
Dagli più orribile, più strano il nome,
Nè curar l’epoca, nè il dove, o il come;
Sol fibbia e mescola cosa su cosa
Senza mai senso, nè ver, né posa;
E sia qual nave, che per vapore
Dà spuma, sprazzi, fumo e rumore . –
Devi ab initio spirar spavento
Col rombo e tónito d’ogni strumento
È cotal mistico rombazzo vario
La Sinfonia. – S’alza il sipario.

V’è cupa cupa cupa caverna
È gente in maschera con la lanterna:
Canta per l’aria tra chiara e scura
Il coro solito della congiura,
Dove li bindoli, qual fuor di scena,
Fan la politica dell’altalena.
Poi vedi fiori, fonti e giardino,
(Aria obbligata – corno e flautino.)
Dove in falsetto gentil tenore
Urlacchia – “į palpiti ď un fido core”:
E v’è monotona, lenta, lontana
L’inevitabile feral campana,
Sinchè lo stridulo suon di trombetta
Stacca l’Allegro con Cabaletta.

Or mira un carcere scuro, ma scuro;
Vi pende pallida lampada al muro:
Fuor del cancello passa un drappello –
Ha panni strani – fa gesti insani –
Ha sporche facce – fa le boccacce –
È il coro, e mormora submissa voce,
Di lei che dorme, Leggenda atroce
È Cromalunda di Strillimunda :
Si desta, ahi misera! narra sue pene
Col Rondeau celebre delle catene –
Poscia a crin sciolto, bella Reina,
Stuona la prece sua vespertina,
E ad occhi aperti sogna… e in martiro,
Ha l’invariabil fatal deliro!

Zitto ! non odi fuor del bastione
L’arpeggio tremulo d un colascione
È Grattausbergo di Stonimbergo
Che fece un tombolo fuor del suo trono,
E che per simbolo sta fuor di tono. –
Mugola, geme, batte la luna
Con barcarola sulla laguna. –
Qui suonan armi! – bellici carmi! –
Qui trema, crollasi la ria prigione. –
V’irrompon dentro mille persone;
Tutte insiem parlano malgrado loro,
Tutte all’unisono stuonano in coro;
E trenta uccidonsi con un pugnale
Per la gran Marcia del funerale!

Bandendo intanto per sempre il canto,
Dolce soave che scende al core
Con la melóde – lingua d Amore -:
Trombe, tromboni, bombe, cannoni,
Tamburi, timpani e contrabbasso
Fan terremoto pel gran fracasso:
E il baccanale così infernale,
Ch’è il celeberrimo fin del Finale
Corona l’Opera già musicale
Con plauso ed estasi universale

Chi fa più chiasso la vincerà:
Fu motto magico di Greca età!
Reggeva il mondo, lo reggerà
Non solo in musica ma in Società;
E sul Teatro di Umanità!

Viva il mirabile DO RE MI FÀ

Ora, sui suoi anni a Londra, sugli amici, sui rapporti con gli altri esuli italiani e le varie personalità del suo tempo, sui salotti frequentati, sull’insegnamento all’Università di Londra, sul matrimonio con una miss scozzese un tantino attempata ma anche sulla parte più politica: gli incarichi nel governo provvisorio del ’31, quelli nel nuovo governo pontificio, il suo ruolo nel ’48 bolognese e via dicendo potremmo andare avanti a lungo, a metà tra il gossip e la ricerca storica. Leggiamo invece anche la prima parte della poesia. Diciamocelo, Pepoli non era un gran poeta ma trovo divertenti questi versi che mi pare, neppure tanto velatamente, nascondano anch’essi un sottofondo autobiografico. Spulciando gli archivi digitali, infatti, si possono incontrare svariati indizi rivelatori della sua cronica necessità di denaro, un po’ come il Maestro di Musica di questi versi.

Il Maestro di Musica

Viva il bellissimo DO RE MI FA

1a PARTE – Musica Classica

Io son Maestro di Contrappunto
Nell’Inghilterra ora mo’ giunto:
E stampo al pubblico il mio «Programma»
Per «Banda e Balli, Concerti e Dramma»
Cosi Britannia giudicherà
Delle mie musiche la varietà,
Se pur Britannia mi pagherà.

DO RE MI FA SOL LA!

In questo secolo del gran Progresso,
Classica musica piace all’eccesso;
Ed io pel classico buon dilettante,
Più che in dottrina, ricco in contante,
Scrissi un sonnifero, mortal «Mottetto»
Col suo «Soggetto», «Contro soggetto»,
Con la sua «Fuga» – la «Contro fuga»,
E di melodico senza una ruga.

Cosi col calcolo di matematica
La gente classica so far estatica,
Ed il chiarissimo ricco Signore,
Che in arte musica si fa dottore,
Se non s’addorme, giubilerà,
Per farsi credito mi plaudirà;
Ma ch’ei capisca, poco mi fa,
S’ei col buon pubblico mi pagherà.

DO RE MI FA SOL LA!

Marina Zaffagnini